La Disforia di Genere

Questa definizione indica una particolare motivazione al cambiamento di sesso: la distonia tra il senso di appartenenza di genere e la realtà sessuale biologica. Partiamo dal presupposto che l'appartenenza di genere (sono maschio, sono femmina) non è biologicamente determinata ma è il risultato della relazione tra il bambino e il proprio ambiente sociale. Non si nasce conoscendo il proprio sesso, inizialmente tutti ci sentiamo parte dell'organismo materno; ad un certo punto dello sviluppo psicologico capiamo di essere individui distinti, da qui inizia il percorso di definizione della nostra identità. Il bambino impara a riconoscersi in una delle categorie sessuali partendo da semplici valutazioni di confronto: sono simile a (mia madre/mio padre) sono diverso da (mia madre/mio padre), e soprattutto sotto la spinta del riconoscimento altrui (sei un bambino/una bambina). Nella maggior parte delle situazioni il risultato è coerente con il sesso biologico; esistono però alcuni rari contesti familiari transessualizzanti. Affinché avvenga la corretta identificazione del bambino con gli individui del proprio sesso sono necessarie alcune condizioni, ad esempio: il valore dei due generi deve apparire uguale, le loro caratteristiche distintive devono essere chiare e facilmente comprensibili da una mente infantile, il rifiuto di una delle alternative imposta dalla scelta non deve essere fonte di angoscia (es. timore di essere abbandonato). In generale il bambino si identificherà facilmente solo se gli apparirà conveniente a livello inconscio; non sempre può accadere. Questo processo si verifica intorno al terzo anno di età ed è quindi compiuto da una mente immatura, al termine il bambino avrà acquisito una identità di genere immutabile.


L'infanzia

Non bisogna pensare al bambino transessuale come ad un maschietto che affermi "io sono una bambina", può anche accadere ma è molto raro. Nella maggior parte dei casi si sentirà confusamente simile agli individui dell'altro sesso e proverà un sentimento di estraneità per quelli del proprio. La confusione è provocata dai segnali esterni: il suo corpo gli dice che è un maschio, la società lo considera un maschio e si aspetta comportamenti maschili. Il bambino è portato a soddisfare le aspettative altrui pur continuando a seguire inconsciamente i modelli del genere sentito. È l'inizio della condizione di solitudine ed estraniamento dell'individuo dal proprio corpo e dalla propria vita: inizierà a far vivere un personaggio il più possibile conforme alle richieste sociali e cercherà di frustrare i propri desideri e sentimenti.


L'adolescenza

Questo periodo della vita è spesso descritto come il più infelice: il desiderio di essere socialmente accettati raggiunge il massimo, le spinte sessuali rendono drammatiche le frustrazioni, i cambiamenti della pubertà sviluppano gli aspetti estranei del proprio corpo. Se l'individuo si sente inserito in un ambiente accettante è il momento della crisi dell'identità e l'inizio della ricerca della propria strada esistenziale. Purtroppo il clima è invece generalmente opprimente e ci si deve impegnare in un grande sforzo per mantenere la propria immagine pubblica. Possono iniziare pratiche di travestimento: per lenire il disagio e tentare di avvicinare la realtà corporea alla propria immagine interiore. Questo comportamento non è finalizzato alla soddisfazione sessuale, non deve essere confuso con il travestitismo.


L'età adulta

Continua lo sforzo di adattamento; l'unico modo per soffocare l'insoddisfazione esistenziale è quello di darsi obiettivi raggiungibili e dedicavi tutte le proprie energie. Se l'orientamento sessuale lo consente sono possibili il matrimonio e i figli. Ci si illuderà di essere infelici perché non si ha un amore, o perché mancano i figli oppure il lavoro è insoddisfacente. Finché un alibi regge ci si concentra in quella direzione e sembra l'unico ostacolo alla nostra felicità; finché regge!


Il crollo

Ad un certo punto non ci sono più alibi e si rimane soli di fronte alla propria infelicità. Ci rendiamo conto che il desiderio di appartenere all'altro sesso non può più essere nascosto o trascurato; non è un desiderio, è un bisogno primario: deve essere soddisfatto per continuare a vivere. Appare in tutta evidenza la nostra estraneità al mondo e alla vita: non siamo vivi ma una maschera vive al nostro posto. I legami affettivi che dovrebbero dare un senso alla nostra esistenza non riguardano noi ma il nostro personaggio. Scopriamo di non esistere: se chi dice di amarci sapesse chi si siamo veramente ci amerebbe ancora? Scopriamo che l'esilio dal nostro corpo ci preclude la possibilità di ottenere piacere; quel piacere sensibile che è fondamento del desiderio e della gioia di vivere. È come togliere il coperchio al contenitore delle frustrazioni di tutta la vita: siamo sopraffatti da un senso di infelicità indicibile, se non possiamo essere noi stessi è meglio non essere non esistere più.


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